Intervista al Corriere della Sera
di Monica Guerzoni
Passata l’emozione?
«Mi sembra una vita da quando ho fatto il giuramento, per la quantità di problematiche che ho trovato sul mio tavolo», risponde Roberto Speranza, 40 anni, ministro della Salute e segretario di Articolo Uno (Leu).
La preoccupa non avere esperienze nella sanità?
«La mia prima proposta di legge della legislatura è stata proprio su questi temi, di cui mi sono sempre occupato. E comunque credo nel primato della politica».
Può durare un governo che non piace agli italiani?
«Questa non è un’alleanza di un giorno o di una stagione eccezionale, ma il tentativo strategico di costruire un nuovo orizzonte per il Paese. Gli italiani lo capiranno».
Beppe Grillo chiamava Bersani «Gargamella». Un governo con i nemici storici non è un ribaltone?
«No, è una vittoria politica che rafforza la democrazia italiana. Io ci ho creduto dal 2013, quando Bersani da segretario del Pd sfidò i 5 Stelle al governo del cambiamento. Mi sono battuto per far crollare il muro di incomunicabilità tra M5S e centrosinistra e ora, finalmente, si realizza il nostro disegno originario».
Intanto Salvini ruba voti alla sinistra e ai 5 Stelle.
«Dobbiamo riappropriarci della questione sociale. C’è una enorme domanda di protezione che viene dal basso e che la destra ha interpretato, speculando sulle paure. Questa destra, alleata con la Le Pen e con Orbán in Europa, è per me il vero avversario».
Il governo è sbilanciato a favore del Pd e di Leu?
«Non credo. Con i 5 Stelle c’è un terreno comune. Non sarà facile, ma la rotta è segnata. I problemi del Paese sono tanti e gravi. Vengo da una scuola politica per cui governare è lavorare giorno e notte, non fare un tweet. Questione sociale, lavoro e rivoluzione verde devono essere il fuoco di questo progetto, che parte da Roma, ma avrà ricadute sul territorio».
Punta ad allearsi col M5S alle amministrative?
«Se ne può parlare anche subito, già per le prossime elezioni regionali».
C’è molta attesa sulle sue prime mosse come erede di Giulia Grillo. Cambierà completamente rotta?
«Il mio programma è la Costituzione. Allora culture politiche diverse, dopo il fascismo e la Resistenza, trovarono una sintesi altissima. Quello è il faro da seguire. Articolo 32, “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”».
Con quali soldi pensa di abolire i superticket?
«La frenata della Germania è il segnale che l’Europa deve cambiare radicalmente la sua politica economica. L’autorevolezza di Conte e il ruolo di Gentiloni possono aprire il varco per nuova stagione, come indicato dal presidente Mattarella».
Il progetto leghista di autonomia regionale va modificato in merito alla sanità?
«La qualità della sanità indica il livello di civiltà di una nazione. Dobbiamo garantire il diritto alla salute, indipendentemente dalla Regione in cui si vive e dalle condizioni economiche. Difenderò con tutte le energie l’universalità del sistema sanitario».
Pensa a un piano straordinario di assunzioni?
«La grande sfida è l’accesso di tutti a cure di qualità, in un tempo in cui la popolazione invecchia e le innovazioni tecnologie e farmaceutiche sono sempre più avanzate. Questo significa superare l’attuale carenza di medici e infermieri nel sistema sanitario pubblico. Nei prossimi 5 anni ci sarà un picco dei pensionamenti che aggraverà il problema».
Quando il programma arriverà alla voce spending review il suo slogan sarà «giù le forbici dalla sanità»?
«Le risorse messe nella sanità sono un investimento sulla vita delle persone, non possono essere banalmente considerate spesa pubblica».
Di Maio che riunisce i suoi ministri alla Farnesina non è una sgrammaticatura istituzionale?
«Le istituzioni sono sacre e consiglio, prima di tutto a me stesso, umiltà, serietà, rigore. Nel primo Cdm ho trovato questo spirito. Dobbiamo chiudere la stagione degli scontri, dell’odio e degli insulti».